Due chiacchiere con Maximilian Maria Thiel

A volte, quasi per caso, mi capita di entrare in contatto con autori di giochi da tavolo.
Così è accaduto con Enrico Acerbi (puoi leggere la mia intervista qui) e così è successo con Maximilian Maria Thiel autore del discusso gioco “La Famiglia: The great mafia war”.

Dopo un post sulla mia pagina Giochi di Parole nel quale discutevo del dibattito scaturito dalla pubblicazione del gioco, fresco vincitore del premio As D’Or come gioco dell’anno in Francia, sono stato contattato da Maximilian che ha voluto ringraziarmi per le parole spese sulla mia voglia di provare questo titolo oltre quanto detto sui social.
Non ho saputo dunque resistere alla tentazione di organizzare un’intervista per parlare del suo gioco e dargli la possibilità di dire la sua in merito a quanto accaduto a seguito della volontà, poi ritratta, di localizzare il gioco in Italia.
In questa sede non parlerò del mio punto di vista ma lascerò che siano le parole di Maximilian ad essere protagoniste dell’articolo. Ci tengo però a ringraziarlo molto per aver risposto a tutto in italiano. Si tratta di un autore tedesco e ho apprezzato veramente lo sforzo e soprattutto la sua disponibilità e gentilezza.
Il motivo per cui ho fatto questa intervista è stato dare al diretto interessato la possibilità di dire la sua e di dar voce al suo punto di vista in risposta ai tanti articoli che hanno “distrutto” il gioco ancor prima di essere provato. Io ho ricevuto la mia copia e mentre scrivo questo pezzo non ho ancora avuto modo d’intavolarlo ma sono stato convinto all’acquisto dal tutorial di Vincenzo, noto anche come Il puzzillo del Sud che puoi vedere anche tu qui.

Prima d’iniziare vi riporto due parole che proprio il puzzillo ha voluto condividere con tutti noi in occasione di questa intervista e che io, con grande piacere, riporto qui sotto:

Circa tre anni fa vidi la scheda de “La famiglia” e lessi dei pareri ottimi sul gioco. Gioco che doveva vedere una localizzazione, almeno nei piani, in Italia ma che a causa dei tanti malumori creati questa era saltata. Chiesi alla Feuerland di poter iniziare una collaborazione con loro. La loro risposta fu positiva salvo che questa richiesta non fosse tesa a creare ulteriore caos attorno al titolo visto che non si aspettavano minimamente una reazione simile dalla community italiana. Confermata la mia buona volontà di voler parlare squisitamente dell’aspetto ludico e meccanico del gioco fui messo in contatto con l’autore. Cercammo di capire come presentare questo gioco in Italia e dopo 3 settimane di scambi di mail tese a trovare un modo costruttivo per parlare de La Famiglia feci uscire il tutorial. Nonostante questo ci sono stati diverse lamentele sul tema trattato. Ho provato a trattare il gioco in modo neutrale e distaccato cercando di puntare l’attenzione su ciò che il titolo ha da offrire in termini di gameplay e meccaniche e secondo noi la scelta è stata vincente. L’ho fatto, inoltre, essendo io stesso mezzo siciliano e mezzo calabrese e che con alcune tematiche in passato ho avuto modo di confrontarmi in maniera diretta.

Foto da BGG

Fatta questa piccola premessa vi lascio alla nostra piacevole chiacchierata.
Buona lettura!

Intervista a Maximilian Maria Thiel

Grazie davvero per aver accettato questa intervista. Spero veramente che possa essere d’aiuto per abbassare i toni rispetto al dibattito che il tuo nuovo gioco “La famiglia” ha creato. Partiamo soft: presentati a tutti i lettori.

Sono tedesco e vivo in Starnberg vicino Monaco (München). Ho cominciato a sviluppare dei giochi nell’ anno 2005. La ragione è stata una scommessa: un amico mi disse che conosceva una persona che ha creato un gioco. E io ho risposto: “Mah, non mi sembra così difficile. Posso farlo anche io.” L’arroganza mi costò 4 anni per fare il mio primo gioco “Power Struggle”. A seguire, nell’anno 2010 ho cominciato a lavorare su “La Famiglia” e dopo 13 anni di gestazione questo gioco è uscito lo scorso anno.

La famiglia: the Great mafia war è un gioco ibrido. Un mix tra eurogame e wargame che ci porta negli anni ’80 in Sicilia durante la cosiddetta “seconda guerra di mafia”. Come nasce l’idea di questo titolo?

Ho vissuto in Italia negli anni novanta. E lì sono stato toccato come molti altri dagli omicidi di Falcone e Borsellino. Tutte le manifestazioni contro la mafia che sono seguite mi hanno impressionato.  Ho cominciato a leggere molto letture sulla mafia (soprattutto sulla cosiddetta “Cosa Nostra”) per capire come funzionasse il sistema “mafia” e qualche tempo dopo ho anche tenuto alcune conferenze.

Nel 2010 nasce l’idea di fare un gioco, che traesse ispirazione dalle tecniche dei giochi  “Caylus” e “Game of Thrones”. Inoltre volevo fare un gioco in cui i giocatori giocassero in  team ove il vantaggio fosse anche quello di evitare il cosiddetto problema del King-Maker. Siccome io conoscevo piuttosto bene la storia è stato ovvio per me utilizzare il tema “Corleonesi contro Palermitani”.

Il prototipo de La Famiglia

Il gioco esce, viene annunciata una localizzazione in Italia e a quel punto? Cosa succede? Come ti viene annunciato che il gioco in Italia non verrà localizzato?

Normalmente, Feuerland lavora insieme con “Cranio Creations”. Il suo fondatore ci ha spiegato che la mafia è ancora una ferita aperta per l’Italia e il periodo in cui il gioco ambientato è uno dei peggiori. Ci sono molte persone sensibili rispetto questa tematica e si è voluto evitare la possibilità di urtare la sensibilità di queste.  Penso, però, che ci sia un grosso malinteso a proposito. Tutte le vittime, fatta eccezione per quelle che facevano parte di una famiglia mafiosa, non hanno nulla a che fare con la guerra interna della mafia! Questa è un punto importante da comprendere. Riguardo al terrore seminato dalla mafia durante tutti gli anni ottanta e novanta, a tal proposito, ci si può sempre chiedere: “Che cosa ha a che fare quel terrore con la guerra interna? Niente.” Nel gioco solo i soldati della mafia vengono uccisi e per giunta in un modo molto astratto. Mi sembra che la reazione delle persone sia stata un riflesso pavloviano.

In questo momento non credo che sarà mai realizzata una localizzazione in Italia. Forse si potrebbe pensare di aggiungere la versione italiana alla versione francese.

Unboxing

Posso dirti che “La famiglia” è comunque un gioco che fa parlare di sé anche a distanza. Il premio francese As d’Or ha di nuovo fatto aprire il dibattito sulla totale assenza di disclaimer all’interno del gioco. Tu avevi proposto uno “story-book” per introdurre i giocatori. Cosa è successo?

Le regole originale del gioco erano 34 pagine (senza compendio) di cui erano circa 12 pagine di note storiche sulla storia della mafia. Volevo che fosse una parte integrante delle regole. Ma Frank di Feuerland è una persona molto precisa. Ed io credo che non volesse aggiungere un “story-book” se non fosse stato assolutamente certo della sua correttezza al cento per cento. Inoltre, come me, non credeva che sarebbe stato così impattante. In conclusione, per chiudere, non ci aspettavamo una tale reazione in Italia. Se avessimo immaginato una reazione simile sono sicuro che Frank avrebbe proposto un “story-book”.

Se tu potessi tornare indietro nel tempo cambieresti qualcosa nella gestione dello sviluppo del gioco?

Direi assolutamente aggiungere un “Story-Book”.

Credo fortemente che tutto questo caos nasca da un equivoco che è quello di voler fare un gioco dove “essere dei mafiosi” in qualche modo offenda i parenti delle vittime e, più in generale, gli italiani tutti che vedono nella mafia uno stigma. Ti va di spiegarci cosa significa per te la mafia e quel periodo, da non italiano?

La mafia è un’organizzazione criminale di cui origini risalgono almeno al 19° secolo, quando la Sicilia era ancora uno stato feudale (vedi anche i Gabellotti). La mafia siciliana è sempre stata particolarmente interessata al potere e all’influenza. Per quanto ne so io, sotto Bontade (vero nome Bontate, ndr), circa l’80% delle entrate è stato speso in corruzioni.

La mia impressione è che la sensibilità nei confronti della mafia di questo periodo è molto più “in allerta” rispetto a 20 anni fa nel periodo in cui ho vissuto in Italia. Mi sembra che oggi la mafia degli anni ottanta è molto più presente nelle teste degli italiani (certamente per “merito” dei media).  Se il gioco fosse uscito 25/30 anni fa non credo che avrebbe suscitato tali reazioni, anche in considerazione delle grandi manifestazioni contro la mafia di quel tempo. Devi sapere che all’inizio degli anni ottanta c’erano ancora molte persone, anche all’interno classe politica, che credeva che la mafia non esistesse. Credo che sia stato il Maxi processo del 1986 a portare la mafia all’attenzione alla maggior parte della popolazione italiana e dell’opinione pubblica. Inoltre è importante rendersi conto che la mafia godeva anche di un certo sostegno, soprattutto fino al periodo di Stefano Bontade, in alcune parti della popolazione siciliana dell’epoca (era tra l’altro presente a molte feste religiose). Questo è per me anche il motivo per cui la mafia è riuscita a manipolare le elezioni, altrimenti in quale altro modo avrebbero potuto farlo.

Curiosità: scrivendo “mafia” su bgg escono decine di titoli. Secondo te perché non è mai successo quello che abbiamo visto esplodere con La Famiglia? 
Questa è una buona domanda! Per me ci sono tre aspetti: Il primo ha a che fare con il fatto che il gioco “La Famiglia” si riferisce in modo molto specifico alla Sicilia e al periodo degli anni ’80, un periodo che per alcuni è ancora vivo. Se il gioco avesse trattato la prima guerra di mafia e non la seconda probabilmente ci sarebbe molta meno empatia a riguardo. Oppure un gioco su la mafia messicana (cartelli della droga) in cui muoiono molti civili ancora oggi.
Il secondo aspetto è che, per me, la mafia ha stranamente un’immagine molto più negativa nella società rispetto alle guerre, che sono apparentemente percepite come catastrofi naturali volute da Dio. Eventi in cui muoiono diecimila volte più civili e soldati che in tutti i conflitti di mafia messi assieme. Quanti giochi di guerra ci sono stati su Stalingrado, per esempio, che non hanno avuto alcuna reazione? Mio zio era uno degli ultimi che ha potuto lasciare Stalingrado (con un aereo). Lui rimase segnato dagli eventi per il resto della sua vita. Anche giochi sulla guerra in Iraq o in Afghanistan non farebbero scalpore al giorno d’oggi.
Il terzo aspetto è la cosiddetta Cancel Culture dove un piccolo gruppo di persone, a volte anche solo singoli individui, può trasformare la propria antipatia personale in un shitstorm grazie alla natura dei social media. Temo che al giorno d’oggi lo spazio per il dibattito si stia restringendo sempre di più. Ritengo che questo sviluppo intollerante sia molto pericoloso per una società democratica.

Qual è il tuo ricordo del nostro paese? Come viene vista l’Italia e gli italiani fuori dai nostri confini?

Non so come le altre persone vedano gli italiani. Posso parlare solo per me. Come non esiste una definizione di tedesco, non esiste quella d’italiano. In Italia, come in altri paesi, ho incontrato molte persone meravigliose, ma anche persone molto superficiali e persone che mi hanno tradito. Ci sono alcune caratteristiche che sono certamente più comuni in Italia che in Germania e viceversa. Ma tutte queste caratteristiche hanno i loro effetti positivi e negativi. Per molti tedeschi, il lavoro, unito alla puntualità e all’affidabilità, è un po’ più importante come priorità nella vita mentre, per molti italiani, la vita in sé è probabilmente molto più importante il che è bellissimo. È possibile che molti tedeschi invidino questo stile italiano di vita per la sua semplicità.

Maximilian Maria Thiel

Personalmente apprezzo moltissimo i disegni di Weberson Santiago che dona ai giochi in cui collabora un tocco sempre molto “pittorico”. Sei soddisfatto del suo lavoro sul tuo gioco?

Cento per cento (ride ndr)! Weberson è un genio per me.

Da amante dei giochi GMT e essendo “La famiglia “ una guerra tra clan ti chiedo: sei un appassionato di wargame?

Mi piacciono i giochi di conflitto, i giochi di controllo della area. Kemet, Imperial, Game of Thrones, Bloodrage sono i miei giochi preferiti. Ma non è la guerra che mi piace è la tecnica del gioco. Non mi piacciono per nulla i giochi che si concentrano sul massacro. E anche se non sembra: sono una persona molto pacifica, un pacifista convinto.

La selezione azioni del tuo gioco è sicuramente una delle peculiarità più interessanti. Al giorno d’oggi, con tutti questi giochi prodotti ogni anno, quanto è importante distinguersi?

Tutto dipende dal punto di vista. Da un punto di vista economico, è molto importante che ci siano tanti giochi che escono ogni anno. Il punto di vista economico è stato anche il motivo per cui Feuerland ha pubblicato il gioco solo l’anno scorso, anche se io l’avevo già consegnato nel 2016. È stato solo grazie al successo di Ark Nova che Feuerland ha potuto prendere il rischio finanziario di pubblicare un gioco esclusivamente per 4 persone.

Con La Famiglia ho sviluppato un gioco principalmente per me stesso, un gioco che mi piace, uno che non esiste ancora fatto in questo modo. Non ho pensato per nulla al fatto che potesse essere un successo o no. Non era importante per me.

Parliamo della scelta dei 4 giocatori fissi al tavolo. Hai mai pensato potesse essere limitante in un momento storico in cui, tra le altre cose, molti editori puntano sulle modalità solitario nei giochi da tavolo?

Inizialmente Frank di Feuerland voleva farne un gioco per solo 2 giocatori. Ma per me il gioco di squadra al suo interno era troppo importante, il punto decisivo. Non pensavo che questa modalità a 4 giocatori avrebbe impedito a molte persone di acquistare il gioco. Questo è anche la ragione per cui l’anno prossimo ci sarà un’espansione che includerà una versione per 2 e 3 giocatori.

La Famiglia giocato durante la BGI Con 2023

Grazie di cuore per aver accettato questa intervista Maximilian! C’è qualcosa che vuoi dire ai giocatori italiani?

Mi piacerebbe che questo gioco potesse essere visto senza pregiudizi e giudicato solo dopo averlo giocato. Viviamo in un’epoca di costante propaganda divisiva e vorrei che le persone ascoltassero di più il proprio cuore.


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