Navajo wars: l’epopea Diné sul nostro tavolo

Se il Grande Spirito avesse voluto che noi vivessimo sempre nello stesso posto, avrebbe lasciato fermo il mondo.

Ultimamente, anche grazie alle pagine del blog per cui scrivo, sono entrato a contatto con molte personalità del wargame in Italia. E’ di qualche giorno fa la live sul canale di Volpe Giocosa in cui io e Matteo (il curatore del canale stesso) abbiamo avuto il piacere di essere assieme per circa un’ora e trenta a Riccardo Masini e Alessandro Lanzuisi, il primo è una delle figure di spicco del wargame nel nostro paese, il secondo è CEO della casa editrice Ergo Ludo Editions. Ogni volta che si ha modo di parlare con queste persone si ha la sensazione di essere dinanzi ad una sola parola che racchiude un vasto mondo di scelte differenti, gusti, sapori ed emozioni. Il wargame non è dunque una semplice scelta fra esagono o zona, tra counter o pedina, no. Quando si parla con persone del campo si capisce che il wargame è un concetto di gioco ampio che abbraccia in primis la curiosità. A differenza, infatti, di altri “generi” nelle simulazioni belliche è probabilmente trampolino di lancio l’interesse del fruitore per l’argomento e il periodo trattato. Questa breve introduzione per giustificare la mia scelta nell’acquisto di questo gioco. Sin da bambino, infatti, ho subito come molti il fascino delle vicende degli indiani d’America. Popoli che con la loro saggezza e con il loro rapporto estremamente spirituale con la vita e con la natura hanno disegnato nel nostro immaginario collettivo una serie di meravigliose storie e leggende. Non ultimo, purtroppo, il loro dolore per secoli li ha consegnati alla storia come vittime della corsa all’ovest. Navajo Wars è un titolo GMT Games realizzato dal designer Joel Toppen nel 2013 che poi, qualche anno dopo, ha realizzato Comancheria ovvero il seguito spirituale che affronta le (dis)avventure di un altro grande popolo indiano.
Il gioco di cui vi parlo oggi è un solitario puro, ovvero un gioco studiato e realizzato per essere affrontato in tutto e per tutto da un solo giocatore al tavolo. In realtà esiste una modalità per due persone ma il gioco è pensato per essere affrontato nella modalità in solo.

La mappa

Il detto citato in apertura di articolo non è stato messo li per caso. I Diné (parola Navajo che sta a significare “Il Popolo“) furono dei seminomadi che dalle regioni fredde dell’America settentrionale si insediarono nei territori che oggi sono conosciuti come Colorado, Arizona e New Messico. Provenienti dalle nazioni Apache, i Navajo, si trasformarono da popolo invasore a popolo dedito a cultura e allevamento. Queste caratteristiche le ritroveremo nel gioco e assieme al movimento saranno punti cardine all’interno del gameplay. La mappa riproduce sei differenti territori più il Canyon de Chelly, ovvero una regione in qualche modo “neutra” dove storicamente i nativi trovavano riparo (non sempre) dai raid nemici. Ad ogni territorio è associato un valore di dado da 1 a 6 e ognuna di queste è suddivisa in altrettante Aree ognuna delle quali contrassegnate da due valori: uno compreso tra parentesi tonde e l’altro no (questo sempre tra 1 e 6). Accanto ad ognuna di queste aree, oltre al valore del dado, troviamo caselle di cattura/fuga e posto per i token siccità (2 a territorio per un totale di 12).
Ognuno di questi territori è collegato da linee di comunicazione creando dunque “adiacenze” tra alcuni di essi in una splendida ramificazione che fa percepire benissimo l’attività di movimento che la tribù svolgeva al tempo. Ultimo, ma non per importanza, ad ogni territorio è associato un valore in punti vittoria.

A sinistra e a destra troviamo le due sezioni che controlleranno le azioni del giocatore (sinistra) e del nemico (destra). Qui posizioneremo tutti i counter che saranno utili a conteggiare i vari indicatori di punteggio:

Giocatore:
Militari, cultura, movimento, azione, modificatore dado

Nemico:
Morale, ferocia, azione, modificatore dado

Concetti chiave

Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune.

Parto subito col dire che il regolamento è fatto piuttosto bene ma il vero fiore all’occhiello del gioco è il play book. Questo riproduce infatti l’intero scenario breve in un esempio di gioco esaustivo e che prova a risolvere molte delle situazioni dinanzi al quale il giocatore si troverà. Questo sarà impegnato infatti in una lotta tra la sopravvivenza e le sventure che il popolo Navajo ha dovuto affrettare nei tre periodi qui trattati. Questi possiamo racchiuderli in era spagnola, messicana e statunitense.
A muovere i fili dei nemici (affrontabili singolarmente in diversi scenari o assieme in una lunga e dolorosa campagna) sarà un I.A. tutto sommato semplice nella sua gestione. Il gioco è dotato di counter ad hoc per ognuno dei nemici che si decide di affrontare contrassegnati da lettere per un totale di 14. Ad ogni partita due di questi verranno rimessi nella scatola così da rendere sempre diverse le partite. Su ognuno di questi segnalini è indicato il tipo di azione che il nemico svolgerà e il costo in punti azione necessari perché lo svolgimento avvenga. Chiaramente qui non farò un tutorial su come affrontare il gioco meccanicamente. Come detto in precedenza il play book è notevole e il regolamento tutto sommato lascia pochi dubbi (pochi per gli standard GMT).

Fulcro del gioco saranno loro, le nostre famiglie. Indicizzate con le lettere dalla A alla F saranno queste le pedine che andremo a muovere sulla mappa. A loro volta queste rappresentano un vero e proprio nucleo familiare composto da uomo, donna e bambino. Assieme a loro gli anziani. Il numero di anziani presenti sul loro apposito tracciato, sommato alle famiglie stanziate nel Canyon de Chelly, sarà il numero di famiglie che potremo attivare.

Svolgimento del gioco.

Seguendo le istruzioni dello scenario si compone il mazzo di carte che si utilizzerà durante la partita. Questo sarà formato da x carte comprendenti le tre tipologie seguenti:

  1. Carte operazionali
  2. Carte benedizione (le uniche che possono essere tenute in mano)
  3. Eventi storici

Un turno sarà svolto nel seguente ordine:

  1. Risolvere il segmento operazionale della carta (solo nelle carte operazionali)
  2. Risolvere l’evento Maggiore
  3. Risolvere l’evento Minore
  4. Risolvere la fase di scarto

La sequenza è semplice e veramente intuitiva soprattutto se si pensa che le fasi 2-3-4 si tratta solamente di leggere e applicare gli effetti o lanciare un dado. Il vero fulcro del gioco è il primo segmento. Qui si sviluppa l’intera partita. Scelte, risultati, combattimenti ma soprattutto le due fasi, a parer mio, più affascinanti: il passaggio del tempo e la pianificazione.

Qui vorrei porre un po’ l’accento per spiegare cosa esattamente adoro di questo gioco.

Fase Azioni

Durante il segmento n° 1 il giocatore dovrà scegliere innanzitutto se “anticipare” il turno del I.A. e dunque svolgere prima l’azione. Per farlo andranno spesi i Punti Azione (AP) indicati sulla carta e, qualora non si posseggano, sarà il nemico ad agire per primo.
Ciò che veramente è affascinante è come le meccaniche si integrino nell’ambientazione.
Sostanzialmente potremo effettuare solo una tra tre azioni a scelta:

  1. Spendere punti movimento per effettuare tot. azioni in base a costi e a punti disponibili (tra queste movimento, semina del grano, raid in New Mexico ecc.)
  2. Pianificare
  3. Passaggio del tempo

Come dicevo ad inizio articolo l’ambientazione è incredibilmente presente e viene resa in maniera più che egregia dalle meccaniche. Le vostre famiglie (si parte con 3 ma se ne possono avere sino a 6) potranno, anzi, dovranno muoversi tra le varie aree e spesso dovranno spostarsi da un territorio all’altro col fine ultimo di guadagnare punti vittoria per poter affrontare le carte punteggio (eventi storici) e sconfiggere il nemico (o semplicemente evitare di soccombere andando a complicare il resto della partita). Proprio come la storia i Diné dovranno cercare di muoversi su aree con valore più alto o più basso al fine di sfruttare le proprie capacità in relazione di questo. In soldoni combattere in un territorio con valore più alto aiuterà i Navajo a resistere mentre per poter coltivare il mais sarà necessario stare in aree con valore più basso. Molto bello l’uso della pedina cavallo che, se abbinata ad una famiglia, farà spendere punti movimento in riferimento al valore indicato tra parentesi (un costo minore a simulare la rapidità del movimento) e non più il valore dell’area.

Questo continuo muoversi alla ricerca di allevamento o di coltivazione sarà propedeutico allo sfamare le famiglie nell’azione passaggio del tempo. Qui una delle due vere chicche del gioco. Con questa azione potremo mettere in gioco nuove famiglie. Queste saranno composte da segnalini uomo, donna e bambino e durante il passaggio del tempo avremo la possibilità di far “crescere” i nostri familiari andando a trasformare i bambini in adulti (sia uomini, donne che anziani) e gli adulti in anziani. Il nostro raccolto, a questo punto, assieme al bestiame catturato, sarà fondamentale per sfamare tutti i famigliari presenti in gioco. A questo verrà aggiunto il valore di “lavorazione” della terra che darà comunque il suo contributo sia per cibare le famiglie che per gli animali.

La terza azione sarà invece l’altra splendida meccanica d’ambientazione. Durante la pianificazione infatti andremo a sfruttare la “saggezza” degli anziani. Questi vengono piazzati su un percorso proprio e durante questa azione andremo a lanciare sul loro range di dado per ricevere il loro aiuto. Questo si trasformerà in punti militari, cultura o punti azione. Inoltre le donne potranno scambiare beni che verranno utili per il proseguo del gioco e gli uomini, se vorranno, saranno sollecitati a fare diplomazia o schermaglie con Ute e Comanche (segnalini nemico che identificano altre tribù in lotta con voi).

Navajo Wars è un wargame!

Non abbiate paura di piangere. Il pianto farà liberare la mente dai pensieri tristi.

Non solo perché il termine “guerra” è nel suo titolo ma perché ho trovato il gioco particolarmente emozionante. Con un piccolo ciclo di azioni, se vogliamo anche ripetitivo, l’autore è riuscito a ricreare molte tra le difficoltà affrontante dal popolo natio.
La siccità, la soggiogazione del nemico, i raid e il continuo movimento. Tutto è un puzzle perfetto e il mio giudizio è oltre il mero “il gioco è bello/brutto”. Il gioco ovviamente può non piacere. Giocare in solo è un’esperienza non per tutti e non credevo nemmeno potesse esserlo per me. Continuo chiaramente a preferire il gioco di gruppo ma visto che ho effettuato il P500 della GMT Games per “Mr. President” (altro titolo in solitario che si prospetta davvero notevole) ho preferito avere un primo approccio a questo tipo di giochi. Un solitario puro non è come giocare ad un titolo per 2-4 giocatori con versione solitario. Qui il gioco è corposo e l’ I.A. è davvero ben strutturata. Sono riuscito a battere il nemico spagnolo al quarto tentativo (scenario breve e facile) e come ho alzato l’asticella con i messicani è andata malissimo. Sono presenti dei diagrammi di flusso che gestiscono i raid nemici e uno splendido player-aid che saprà guidarvi sapientemente all’interno del gioco. L’incertezza delle carte rende tutto molto complicato da gestire. Sappiamo quante ce ne sono, che ogni tot arriverà un evento storico (una specie di check point su cui verrà fatto un victory check) e che dovremo cercare di gestire molte variabili in continua evoluzione. Bellissime le carte benedizione che hanno risvolto positivo ma, se se ne possiedono già altre in mano, gli effetti del destino si abbatteranno su di voi.

Insomma, Navajo Wars è un titolo a parer mio esemplare se si cercano due cose:

  1. Un titolo ben ambientato e sfidante
  2. Un gioco emozionante che in qualche modo incuriosisca e permetta di approfondire ancora di più l’argomento.

Non vi imbatterete in esagoni o tabelle di combattimento (non classiche almeno) ma vi troverete a vivere un conflitto durato quasi due secoli e che ha visto una popolazione arrivare comunque ai giorni nostri con il suo bagaglio di cultura pregno di dolore e sofferenza, come quasi tutte le popolazioni indiane. Proprio la cultura, in ultimo, è un elemento portante grazie ai punti che accumuleremo al fine di comprare delle carte chiamate proprio così “cultura”. Queste simulano lo sviluppo delle conoscenze e verranno utili all’interno dello scenario. Magari anche per un solo episodio. Quell’episodio che però cambierà le sorti della vostra storia. Perché ogni partita, credetemi, sarà una storia nuova e a starà a voi il compito di riscriverla.

Ahéhee’!

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