This War of Mine: Diario

Nota dell’autore:

Il racconto non vuole essere assolutamente una descrizione dettagliata del gioco. Non sono presenti spoiler o suggerimenti. È la mia versione romanzata di quella che è la mia esperienza. Spero possa essere una semplice lettura e un modo diverso di approcciare e di vedere un gioco da tavolo. 


Forse sto scrivendo per non dimenticare. Molto più probabilmente per non farmi dimenticare. Pensare che da bambino sognavo di giocare a pallone per vivere. Sbancare il lunario tirando calci a un pallone. Ero un sognatore proprio come tanti all’epoca. Guardavamo le gesta dei nostri calciatori preferiti, soprattutto quelli al di là del mare. Sembrava tutto così facile quando la vita sembrava infinita. Poi questa ha preso pieghe diverse: la scuola, gli studi, l’amore per i numeri. Oggi sono un professore di matematica e mai come in questo momento i numeri saranno inutili. Mi aiuteranno solo a contare morti e giorni che ci separano dalla fine. In casa siamo in tre e stiamo provando a fidarci l’uno dell’altro ancora prima di resistere. Boris, che di mestiere fa il magazziniere, non sembra aver mai voglia di parlare se non per chiedere una sigaretta. Ad avercene, comincerei anche io con quel dannato vizio. Dicono che il fumo uccida… Beh, anche i cecchini. Assieme a noi c’è Bruno, volto noto della televisione e chef. Avremo bisogno di lui e delle sue mani per riuscire a riempire la pancia prossimamente. Certo, per poterci aiutare dovremmo prima procurargli del cibo ma tant’è, questa è la guerra e alla peggio ci si mangia il fegato. Le prime ore del mattino si passano esplorando il rudere in cui ci siamo rifugiati. Macerie, macerie e ancora macerie. Le bombe hanno lasciato il segno e grazie a Dio, anche se dubito possa essercene uno, lo scheletro della, struttura sembra aver retto. Boris si arma di pala e ci fa spazio tra le stanze liberando un percorso che conduce in uno sgabuzzino. Prendiamo ciò che troviamo e chissà che non possa tornarci utile. Bruno prova disperatamente ad aprire una porta con un grimaldello… spero cucini meglio di come si dimena nell’arte dello scassinatore altrimenti…

Al piano inferiore è ubicata una specie di sala attrezzi. Ci sono legno e parti meccaniche in abbondanza. Portiamo qualcosa in magazzino per vedere se ci potrà essere utile per costruire qualcosa. Ci riuniamo per rifocillarci e bere qualcosa. Se solo sapeste quanto è buona l’acqua in momenti come questi. Boris se la scola tutta d’un fiato come fosse un’ottima birra belga a luglio. Io e Bruno facciamo un brindisi con gli occhi e attendiamo il calare della sera parlando un po’ tra noi e un po’ con noi. Chi eravamo prima di tutto questo comincia a girare nella piaga chiamata vita.

Per questa prima notte decidiamo di tenere gli occhi bene aperti quindi nessuno dormirà. Boris è silenzioso ma quando parla sentenzia. Lui starà di guardia, armato delle sue sole mani. Io e Bruno andremo a perlustrare fuori di qui. C’è una villa a pochi isolati, proveremo a dare un occhio nei paraggi. Uscire fuori fa più paura che restare in quelle quattro mura spettrali, auguri Boris. Auguri a noi.

Arrivati alla villa ci sembra tutto molto tranquillo, ma il rischio c’è. Calcolato. Entriamo e troviamo qualcosa che potrà venirci utile in casa: parti elettriche, zucchero e qualche sigaretta.Boris, forse è il tuo giorno fortunato. Bruno sbatte contro dei bidoni della spazzatura e ovviamente ci sentono. Se c’è una cosa che la matematica non può calcolare è la stupidità e pressappochezza umana. Veniamo subito circondati da un gruppo di uomini. Sembrano dei semplici civili, lo capisco perché non ci hanno ancora crivellati. Bruno trema come una foglia mentre quello che pare essere il capo delegazione si avvicina a noi assieme ad un ragazzo. La mia guardia da boxer fallito si alza d’istinto ma l’uomo mi tranquillizza subito togliendosi il cappello in segno di rispetto. Ci dice che sono in cerca di oggetti per sopravvivere e anche noi. Non vogliono commissioni per il baratto e questo mi convince. Gli chiedo se hanno una sega e il ragazzo annuisce. Gli offriamo una pala, di quelle, mi auguro, in guerra se ne trovino molte visti i cadaveri da seppellire. Gli uomini si allontanano senza dire una parola. Un esercito di piccoli e grandi anime che sparisce nel buio senza lasciare traccia. Mi viene improvvisamente in mente che non siamo altro che questo: attori dietro un sipario. In casa avevo visto delle sbarre e sono certo che questa sega ci svelerà cosa c’è dietro di loro. Colpisco con uno scappellotto in testa Bruno e mi avvio verso casa. Lui si fa scappare un sorriso imbarazzato e mi segue. Arrivano le sigarette Boris.

Giorno 2

Sembrava incredibile potersi strappare nuovamente un sorriso in una situazione simile ma forse è vero: l’uomo si abitua più o meno a tutto. Bruno mi ha raccontato qualche episodio divertente di quando era in televisione e mi allietava vedere come i nostri muscoli facciali riuscissero ancora a muovere le labbra verso il cielo. Poteva durare ancora a lungo questo momento? Ovviamente no. Avvicinandoci alla casa notiamo subito la porta aperta. Dico a Bruno di aspettare ma lui non ne vuole sapere di starsene solo lì fuori. Ci affacciamo sull’uscio e vediamo Boris in lacrime con le mani sporche di sangue. Ci spiega che tre uomini hanno fatto irruzione e ci hanno portato via un po’ di roba, che lui è riuscito a prendere a cazzotti solo uno di loro ma che alla fine sono fuggiti con le nostre cose. È un fiume di parole. Per la prima volta. Continua a fissarsi le mani. Il sangue non è suo e ho come l’impressione di vederlo piangere mentre colpisce uno di quegli uomini. Gli allungo la sigaretta che abbiamo rimediato. La guarda e mi sorride. Si asciuga il volto e cerca di ricomporre la sua aria da duro. Mi offre un tiro, gli raccontiamo come è andata lì fuori e di come Bruno si è cagato addosso. Mi chiedo come faremo quando dovremo alternarci, soprattutto quando io e Boris dovremo riposare. Non riesco a capire quanto oltre potrebbe andare…                                     Ti aspetti sempre sorga il sole dopo giorni come questi, anche se tu giorni come quelli che stai vivendo non li avevi mai immaginati fuori da un cinema. Ti aspetti voci amiche, i tuoi amici sani e salvi. Ti aspetti qualcuno che ti dica è tutto finito, rapidamente, proprio come è iniziato. Invece è l’alba, il sole è morto e fuori piove. Ancora.

Giorno 3

Costruire un rudimentale collettore per raccogliere acqua piovana e riparare una vecchia stufa per smorzare il freddo sono state davvero due buone idee. Nella mia mente sto riscrivendo tantissime parole e rivedendo i loro significati: spreco, abbondanza, fame. Tutte hanno assunto un significato nuovo. Qui l’acqua è merce rara e non siamo stati fortunati nelle nostre perlustrazioni. Bruno ha preparato un’insalata che non voglio nemmeno sapere da cosa era composta. L’ha mangiata Boris, se la meritava. Stanotte io ho dormito un po’ sul pavimento. Ora sento tutte le ossa del mio corpo ma almeno la fatica ha mollato leggermente la presa. Non abbiamo ricevuto visite stanotte fortunatamente. Solo un piccolo spavento per un bambino che si è lanciato in strada per giocare con un gattino. Non una buona idea con i cecchini appostati ovunque. Un grido di Bruno lo ha fatto rincasare velocemente con buona pace della madre che, silenziosamente, ci ha ringraziati. Chissà se ce la faranno. Ci sono momenti in cui non ti frega di niente e di nessuno. Giorni che preferisci vedere un vecchio picchiato a sangue piuttosto che intrometterti e rischiare la pelle. Giorni da vigliacco e giorni da eroe. Eppure molte volte il limite è sottile. Boris doveva essere di ritorno già da qualche minuto. Ci ha che avrebbe fatto visita ad un ospedale nella speranza di trovare qualcosa per eventuali problemi di salute ma non si vede ancora. Io e Bruno decidiamo di sfruttare il nostro momento eroico e doniamo un po’ di acqua a un gruppo di bisognosi appena fuori l’ingresso. In lontananza vediamo un uomo cadere a terra e rialzarsi diverse volte. È Boris. Sembra indossi un giubbotto antiproiettile. Per quale cazzo di motivo? Sanguina.

Giorno 4

Ieri Boris ha dormito tutta la notte. Notte che mi ha regalato una visita fortunatamente risolta con un paio di coltellate allo sventurato avventore. Questa mattina abbiamo ascoltato il racconto di Boris. Dei soldati lo hanno usato come tiro al bersaglio per provare il funzionamento del giubbotto antiproiettile con cui è tornato. Nonostante l’impatto ridotto le ferite sono evidenti. Oggi si scava senza sosta e per fortuna con esito positivo. Riusciamo a trovare un nuovo ambiente con diversi mobili. Troviamo del cibo, poco e qualche parte meccanica. Stasera usciremo io e Bruno nella speranza di portare più oggetti possibili.

Il tonfo è stato sordo. Nemmeno un grido. Un volo di dieci metri circa e quel suono che non mi toglierò mai più dalla mente. Bruno è rimasto con gli occhi spalancati mentre attorno a lui la sua anima si espandeva in una pozza cremisi.

Giorno 5

Chissà come ci avrebbe condito l’insalata. Fa freddo e non abbiamo più libri da bruciare, ne sigarette da fumare. Boris continua a sanguinare e credo che ora abbia anche la febbre. Cerca di alzarsi per farmi vedere che può farcela ma cade rovinosamente a terra. Le bende che gli ho applicato non sembrano sortire effetto. Ovviamente. Lui mi dice sta bene, io gli dico di no. Lui sbuffa e io gli do l’ultima porzione di verdure. Siamo rimasti in due ma ora tutto sembra molto più difficile. Non si è mai stati positivi da quando questo incubo è cominciato ma ora si è spenta la, speranza.

Al mio risveglio Boris non era più in casa. Era pochi metri più avanti crivellato. In mano una foto di suo figlio. Forse sto scrivendo per non dimenticare. Molto più probabilmente per non farmi dimenticare. Pensare che da bambino sognavo di giocare a pallone per vivere. Come si chiama il giorno che non nascerà mai?

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